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Rifiuti, Messina rischia di perdere un investimento da 35 milioni

Disupertvoristano

Feb 11, 2021

MESSINA (ITALPRESS) – Il giudizio di incompatibilità sull’impianto di digestione anaerobica dei rifiuti urbani che A2A Energiefuture vorrebbe realizzare a Pace del Mela, in provincia di Messina, non convince gli ambientalisti siciliani di Legambiente che con imprese e sindacati fanno fronte comune sulla necessità dell’opera, ritenuta molto più sostenibile e meno impattante di qualsiasi impianto di compostaggio. Di più: blocca 35 milioni di euro per un investimento che permetterebbe di avviare un percorso virtuoso di economia circolare con risparmio di suolo ed emissioni di CO2.
La Commissione Tecnica Specialistica per le Autorizzazioni Ambientali della Regione Siciliana (Cts) ha motivato il parere negativo perchè il progetto non è indicato nel Piano d’Ambito redatto dalla Srr Messina – Area Metropolitana che prevede, invece, la realizzazione di due impianti pubblici, a Mili e a Monforte San Giorgio. Per entrambi si è però ancora nella fase di avvio della progettazione e mancano le risorse. Di fatto una nota che “anticipa” i contenuti del piano rifiuti regionale che favoriscono gli impianti pubblici a quelli privati ma che, secondo i giuristi, pone domande sul piano della libera concorrenza.
“Sono problematiche di natura pianificatoria e politica, che contravvengono alla propria funzione istituzionale. Si continua a non fare nulla per realizzare gli impianti che sono necessari in Sicilia”, ha detto all’Italpress il presidente regionale di Legambiente Gianfranco Zanna, “noi, tranne quando non ci siano ragioni improponibili, siamo a favore degli impianti. Pubblici o privati che siano”.
Il progetto presentato da A2a Energiefuture per realizzare un impianto capace di trattare l’umido per ricavarne metano per autotrazione o uso domestico e compost è parte del progetto di riconversione della centrale di San Filippo del Mela. Un progetto più ampio che prevede un investimento di circa 300 milioni di euro, 35 dei quali sono per la realizzazione dell’impianto in questione.
“Non ci sono abbastanza impianti in Sicilia”, continua Zanna “ed è questo il grave problema dell’Isola”. “Noi ne chiediamo uno per ogni provincia”, afferma. In più, questo tipo di strutture non sono inquinanti e sono a basso impatto: “nelle nuove tipologie anche le cellule di ingresso sono senza aria”. Continuando a perdere tempo e a non realizzare impianti, secondo Zanna “arriveremo a rimettere in campo gli inceneritori una volta che le discariche saranno sature. E noi quelli li contrasteremo fino alla morte”. Sullo stesso fronte ci sono Sicindustria Messina e i sindacati. L’associazione con Cgil, Cisl e Uil, ha preso carta e penna e ha scritto all’assessorato regionale al Territorio e Ambiente: “Il diniego, che attiene all’aspetto autorizzatorio dell’attività e non alla Valutazione ambientale già esitata positivamente”, si legge nella nota, “desta molte perplessità, dato che nella Valle del Mela si sente forte l’esigenza di conversione delle attività industriali nel segno della sostenibilità degli impianti di produzione energetica”.
“Si tratta”, dice Ivo Blandina, presidente di Sicindustria Messina, “di un progetto pronto per la realizzazione per un impianto a elevata tecnologia, coerente tanto con i fabbisogni rilevati dal Piano d’Ambito per la gestione dei rifiuti elaborato dalla Srr Messina – Area Metropolitana, quanto con le linee previste dal Next Generation Plan della transizione ecologica e dell’economia circolare. Questo incomprensibile parere negativo mette quindi a rischio un investimento davvero importante in un territorio che ha urgente bisogno della migliore progettualità per individuare e sostenere l’occupazione. Ancor di più in un periodo di grave crisi come quello attuale”.
La situazione, comunque, sembra mostrare spiragli: “la stessa Commissione in linea tecnica ha fornito il presupposto per l’approvazione del progetto di A2a, sostenendo, apertis verbis, che le criticità riscontrate siano superabili mediante l’applicazione di semplici condizioni”, si legge in un documento di Legambiente sul caso dell’impianto, “questo permette di richiedere un riesame della posizione, anche perchè ci troviamo di fronte alla possibilità concreta di realizzare di un impianto all’avanguardia, con finanziamento privato, senza consumo di nuovo suolo, ottenendo contemporaneamente il rilancio in chiave di economia circolare del sistema industriale dando supporto in tempi rapidi agli sforzi dei Comuni per il raggiungimento degli obiettivi europei relativamente alla raccolta differenziata”.
Da qui la richiesta degli ambientalisti alla dirigenza della SRR Messina Area Metropolitana di provvedere “a recepire la proposta di A2a nella propria pianificazione d’ambito, rimuovendo così il motivo principale del rigetto” e ai sindaci e amministratori del territorio a fare fronte comune.
Dal mondo accademico il professore Giuseppe Mancini, Ricercatore docente di Impianti chimici – Chemical Plants nel corso di laurea di Chemical Engineering for Industrial Sustainability alla facoltà di ingegneria dell’Università di Catania e Presidente dell’Associaziazione nazionale degli Ingegneri per l’Ambiente e Territorio, spiega all’Agenzia Italpress come “il sistema prevede un processo integrato anaerobico/aerobico che è costituisce lo “stato dell’arte” nel trattamento della frazione umida degli RSU essendo sensibilmente più sostenibile, a questa scala, rispetto al più tradizionale processo aerobico di compostaggio”.
Se, infatti il compostaggio prevede per la stabilizzazione di una parte del rifiuti l’insufflazione di aria forzata (con consumi energetici rilevanti ed emissione di CO2 per produrre l’energia necessaria) il progetto integrato che si vuole realizzare in provincia di Messina prevede una fase prevalente in assenza d’aria (la parte anaerobica) “che non solo non richiede quell’energia ma anzi, grazie ad una particolare popolazione batterica – batteri metanigeni -, invece che CO2, produce un biogas ricco in metano”, spiega ancora Mancini. Questo biogas può essere alimentato in motori a cogenerazione, producendo direttamente energia – sia calore che energia elettrica – o addirittura essere ulteriormente trasformato in biometano per l’alimentazione di mezzi trasporto – per esempio gli stessi compattatori o mezzi di trasporto pubblico – a bilancio nullo di CO2.
La seconda fase – aerobica – è un compostaggio, “ma avendo già prevalentemente effettuato il lavoro di trasformazione della sostanza organica, la richiesta di energia e le conseguenti emissioni sono ora molto più blande”, continua Mancini che assicura che “il sistema è poi molto efficace anche nel contenimento degli odori avvenendo tutte le fasi in sistemi completamente chiusi e/o in depressione con trattamento spinto dell’aria”. “Si tratta”, conclude il docente, “di un’evoluzione molto più sostenibile del tradizionale compostaggio dove non solo si produce lo stesso ottimo ammendante di qualità – il compost – ma, nel farlo, si risparmia moltissima energia, si produce energia rinnovabile (biogas) e, si riducono le emissioni globali di CO2”.
(ITALPRESS).